Nature Matérielle

Nature Matérielle, mostra collettiva della Galleria Cattedrale di Conversano che coinvolge cinque artisti pugliesi (Miki Carone, Daniela Giglio, Iginio Iurilli, Francesca Macina e Raffaele Vitto), ha come focus tematico il rapporto che gli autori hanno da un lato con la Materia, intesa come un mezzo espressivo primigenio che può essere declinato per la rappresentazione plastica di personali idee e visioni, oltre che come elemento cardine su cui ruota l’estetica personale, e dall’altro con la Natura, considerata come soggetto da studiare e ripresentare.

Mossi da una propensione artistica non solo oggettuale, ma anche esperienziale e concettuale, i cinque protagonisti del progetto danno vita alle loro opere facendo confluire suggestioni e istanze legate alle due sfere tematiche, inserite nell’analisi del contesto della loro regione d’origine, la Puglia, ricca dal punto di vista non solo naturalistico, ma anche materiale in senso stretto.

“Figlio” allo stesso tempo del Concettuale e della Pop Art, Miki Carone compone il suo universo di personaggi immaginifici caratterizzati sfruttando le potenzialità della luce. Adoperando il neon, crea con linee di tenue luce colorata fisionomie e particolari anatomici nei quali si mescolano erotismo e romanticismo; in lavori come Kiss me baby! e La danza (Matisse a Las Vegas), Carone usa il gas nobile (o la pittura su vetro su superficie luminosa) per definire, tra echi matissiani e pascaliani, fattezze femminili e, allo stesso tempo, rinnovare il suo anelante desiderio di afferrare la Luna. Questo soggetto – tra i più amati dall’artista – è rappresentato non solo con il neon, ma anche impiegando altre mezzi espressivi, come nel Quadro antifuturista, dove l’ironica presa di posizione contro il movimento di Marinetti si sostanzia in un light-box in cui viene ricreata una luna “post-tecnologica”, che riflette i suoi raggi in un mare che sembra essere costituito da tanti pixel luminosi o da tante tessere di un mosaico, non dissimili da quelle che ricoprono la colonna che sorregge Andromeda, la lucciola sintetica che dialoga con lo spazio con segnali di luce intermittente.

Modellate dalla luce sembrano essere le opere realizzate da Daniela Giglio. La scultrice, che nutre da sempre un profondo interesse verso la modellazione di materiali “classici”, crea un suo binomio materia-natura modulato sulla concezione dello “strappo”, del taglio o della lacerazione atti a dare libertà alle forme e ai volumi, e della “torsione”, che contribuisce al «raggiungimento di nuove identità nelle soluzioni». Le sue sculture, seguendo questa doppia via formale, si presentano come una rappresentazione mimetica di aspetti tangibili della realtà, di masse di gesso, marmo, travertino che l’artista plasma dando forme che si attestano tra i rimandi a un ambiente naturale figurata e stilizzata (Germogli e Speranza), e deviazioni verso l’astrazione delle forme, come in Page of life e in Strappo, dove la materia “lacerata” diventa la metafora di un attraversamento non solo spaziale, ma anche interiore.